Due Sessioni: dove va la Cina?
Xiàng

Due Sessioni: dove va la Cina?

Staff
21.03.2022

Dal 4 all’ 11 marzo si sono tenuti in Cina gli incontri parlamentari conosciuti come “Due Sessioni” (两会 – lianghui). Queste rappresentano l’evento annuale più importante della politica interna cinese e vedono coinvolte la Conferenza Politico Consultiva del Popolo Cinese (CPCPC) e l’Assemblea Nazionale del Popolo (ANP). La prima rappresenta l’organo consultivo politico del Paese, mentre la seconda l’organo legislativo. Le riunioni prendono il nome di “due sessioni” proprio perché i due organi conducono parallelamente incontri separati che si tengono di norma sempre a inizio marzo e durano due settimane circa. Quest’anno ha segnato un’eccezione alla regola, dato che la loro durata è stata di soli sei giorni a causa della pandemia, proprio come era già accaduto l’anno precedente, quando furono spostate a maggio per fronteggiare l’emergenza Covid. Le Due Sessioni rappresentano un evento estremamente significativo dato che in questa occasione viene decisa l’agenda politica per l’anno venturo.

Le Due Sessioni di quest’anno sono state un’importante finestra sullo sviluppo delle politiche del governo, rappresentando, inoltre, l’occasione per osservare i movimenti e i toni politici all’interno del Partito Comunista Cinese (PCC) in vista del XX Congresso Nazionale di questo autunno, durante il quale si riorganizzerà la formazione ai vertici del Partito e Xi Jinping potrebbe essere eletto per il suo terzo mandato. Le Due Sessioni, infatti, rappresentano l’incontro degli organi più alti dello Stato, e non riguardano direttamente le attività del Partito. Per come è configurato l’assetto governativo cinese, amministrazione statale e Partito si intrecciano, ma non si sovrappongono mai completamente. Tendenzialmente, quindi, chi ricopre incarichi di vertice nel PCC li ricopre anche a livello amministrativo, come se fossero l’uno il riflesso dell’altro, anche se non vanno inevitabilmente a coincidere. Questo comporta che Xi Jinping risulti, per esempio, sia Segretario Generale del PCC che Presidente del Governo della Repubblica Popolare Cinese (RPC), ma i due incarichi non sono univoci. Lo stesso vale per Li Keqiang che è contemporaneamente membro del Comitato permanente dell’ufficio politico del Partito Comunista Cinese - secondo in ordine di importanza dopo il Segretario Generale – e Premier della RPC, con il primo incarico che non è la naturale conseguenza del secondo e viceversa. Partito e Stato si muovono dunque in parallelo, condizionandosi vicendevolmente.

In questa ottica osservare quali siano stati i temi cardine delle Due Sessioni permette di iniziare ad intravedere gli sviluppi futuri del Paese e ancor più del Partito in vista dell’importante incontro del XX Congresso del PCC.

I temi tendenzialmente trattati durante le Due Sessioni si spostano dai target di crescita economica ai report annuali sui progressi dei programmi lanciati dal governo, vengono inoltre promosse nuove leggi e avanzate nuove proposte. Quest’anno gli aumenti vertiginosi di casi di Covid a Hong Kong e Shenzhen prima, la guerra in Ucraina dopo, hanno, volenti o nolenti, condizionato il lavoro ordinario degli incontri. La ricerca di “stabilità” ha fatto da protagonista, assurgendo quasi a termine chiave dell’evento. Dopo la, seppur leggera, ripresa economica dell’anno scorso, i deputati alle sessioni si sono infatti soprattutto dovuti dedicare all’importanza della “stabilità” – elemento fondamentale per la Cina e il suo sviluppo – a fronte della crescente pressione derivante dall’indebolimento della domanda dei consumatori, l’elevata percentuale di disoccupazione giovanile e un sempre crescente invecchiamento della popolazione. Stabilità che è da interpretarsi in primo luogo come interna e, quando funzionale a mantenere quella domestica, esterna. Nel suo discorso iniziale Li Keqiang, come da prassi, ha presentato il rapporto annuale del Governo riportando uno dei dati più attesi da queste riunioni: il tasso di crescita del PIL. Questo è stato dato al 5.5%, il più basso negli ultimi trenta anni di storia della RPC e ciononostante molto ottimista date le circostanze odierne in cui verte il Paese e l’assetto internazionale. Mantenere un trend di crescita nel PIL serve a mostrare la competenza di Xi Jinping, anche e soprattutto sul piano economico. L’economia è infatti centrale nell’opera di affermazione del potere del Presidente, in visione del progetto per il 2035 del raggiungimento della “prosperità comune”. L’obiettivo ufficiale del Governo per il prossimo decennio, infatti, è creare le condizioni per la crescita di una classe media ampia, obiettivo questo strettamente collegato al più ampio quadro dell’armonia sociale. Senza le garanzie di un futuro migliore e interamente votato al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, infatti, il potere del PCC e di conseguenza del Governo rischiano di essere messi gravemente in crisi. Proprio per contrastare questi pericoli alle Due Sessioni si è affrontato il tema della disoccupazione giovanile e urbana. Il Premier Li ha posto l’obiettivo di undici milioni di nuovi posti di lavoro nei centri urbani per il 2022, e di un ribasso del tasso di disoccupazione al 5,5%.

I grandi sforzi che il Partito si sta impegnando a mettere in campo sono però minacciati da una rinnovata emergenza Covid nel Paese. La Cina si trova infatti a fronteggiare un’ondata di contagi ben più grave di quella di Wuhan a inizio pandemia. I conseguenti lockdown in tante metropoli del Paese rischiano di avere ulteriori pesanti ripercussioni sull’economia interna. La nuova variante Omicron sta mettendo in luce le difficoltà della tanto perseguita politica “0 covid”. Le autorità sanitarie, perciò, si sono proposte di perseguire la politica “contagi zero”, ma con una lieve modifica nella sua applicazione per allentare le maglie di una strategia di controllo dei contagi che sembrerebbe cominciare ad essere troppo stringente rispetto all’esigenza di ripristinare una condizione di normalità all’interno del Paese. Nonostante la difficoltà di dover, seppur lievemente, modificare l’approccio seguito fino a questo momento dal governo, senza perderci la faccia, Pechino sembra intenzionata a porre in ogni caso la “stabilità” al primo posto, proprio in vista delle tremende ricadute economiche che un lockdown prolungato potrebbe apportare allo sviluppo del Paese. Il premier Li nel suo discorso a inizio lavori durante le Due Sessioni ha mostrato in tal senso uno spirito ottimista con l’affermare che la Cina supererà anche questo momento di incertezza. Incertezza quest’ultima presente su più fronti e non solo quello interno. Sempre nel suo discorso iniziale Li Keqiang ha posto pochissima enfasi sulla politica estera, probabilmente perché rappresenta un terreno ancora troppo critico con la guerra in atto in Ucraina. Quest’ultima, infatti, sta richiedendo enormi sforzi da parte di Pechino per rimanere in equilibrio nelle sue posizioni di terzietà rispetto alla vicenda. Dall’altro lato è altrettanto possibile che il Premier cinese abbia preferito non soffermarsi troppo sull’estero per concentrare tutta l’attenzione su questioni interne, sempre per sottolineare la centralità della stabilità. Certo è che l’obiettivo di crescita dell’economia è messo in seria discussione, oltre che dalla pandemia, anche dalle sanzioni lanciate contro la Russia e il loro impatto sul business cinese, e da un prolungamento o un’eventuale estensione del conflitto russo-ucraino, opzioni entrambe che Pechino teme particolarmente e di cui ha manifestato la propria scontentezza.

Il conflitto in Ucraina ha anche probabilmente accelerato una serie di questioni presenti nell’agenda governativa per gli anni venturi come, la ricerca minore dipendenza da attori terzi, il budget per la difesa e la riannessione di Taiwan, che non si escludono tra di loro, anzi, risultano estremamente correlati. Durante le Due Sessioni è stata sottolineata la necessità di raggiungere l’autosufficienza nelle aree più strategiche dell’economia, tra cui l’agricoltura, le materie prime chiave e i settori hi-tech, a fronte ai turbolenti mercati globali. Ciononostante, il rapporto del Governo non menziona alcun passo indietro da accordi già precedentemente presi con Paesi terzi come gli Stati Uniti o l’Unione Europea. Questa strategia può andare ad indicare la volontà del Governo, già manifestata in precedenza con il modello della “dual circulation”, di diventare più indipendente economicamente da attori terzi, soprattutto in visione della possibilità di essere colpito da sanzioni in modo indiretto – come nel caso odierno delle sanzioni alla Russia – o diretto relativamente ad eventuali azioni verso Taiwan.

Taipei, infatti, rimane priorità assoluta del PCC, tanto che Li è tornato a porci grande enfasi. Il progetto della sua riannessione al Paese viene prospettata per portare avanti la grande e gloriosa causa del ringiovanimento della Cina, affermando che “il Partito sosterrà la politica generale per risolvere la questione di Taiwan nella nuova era” - una frase ripresa dalla "risoluzione storica” dello scorso novembre dal Presidente Xi Jinping. L’enfasi posta sul discorso di Taiwan potrebbe andare a soddisfare la propaganda interna con una retorica volta a sottolineare come la Cina si concentri sempre sul raggiungimento dei propri obiettivi. Al tempo stesso, in un momento in cui la questione taiwanese è entrata sempre più al centro dell’attenzione degli attori regionali, il riferimento nel discorso di Li sembra essere stato un segnale all’esterno, in primis agli Stati Uniti, per rimarcare l’indisponibilità del governo cinese a discutere di una questione che viene concepita a Pechino come inerente ai propri affari interni. La consapevolezza dell’importanza sempre crescente di questo tema negli equilibri della regione e di un possibile incremento delle tensioni con gli Stati Uniti sembra aver portato il governo cinese ad aumentare il budget della Difesa al 7,1%, rispetto al 6,8% dell’anno precedente, secondo il rapporto sulle finanze del governo, con l’avvio di seri compiti di modernizzazione militare, non si presenta come dato particolarmente sorprendete. La percentuale di aumento del budget presentata, infatti, non risulta tra le più alte della storia del Paese, tanto che nel 2018 fu all’8,1%. Ciononostante, questo elemento suggerisce un’attenta analisi degli sconvolgimenti geopolitici globali in una prospettiva totalmente votata ai propri interessi interni.

Quello che si evince dai punti salienti estratti dalle Due Sessioni di quest’anno è un sempre maggior interesse per le questioni domestiche e l’attenzione alla stabilità sociale. Lo sviluppo economico e il consenso interno continuano dunque ad essere i fattori trainanti delle azioni del Partito che torna annualmente a rinnovare in questo modo il tacito “patto sociale” stabilito con la popolazione. Il consenso e la ricercata armonia sociale servono infatti a Xi Jinping per mantenersi saldo al potere e non affrontare gravi crisi interne, tanto più in un anno delicato come questo che vede la sua possibile straordinaria rielezione a Segretario Generale per un terzo mandato, evento mai accaduto prima nella storia del PCC. In un contesto interno votato alla ricerca di una stabilità atta a permettere un quanto più semplice e fluido XX Congresso di Partito, la Cina continua ad osservare attentamente le criticità provenienti dall’esterno spingendo sempre più l’acceleratore sull’auto-rafforzamento e su un’indipendenza a trecentosessanta gradi.

Articoli simili