Censura e propaganda del Cremlino sulla guerra in Ucraina
Russia e Caucaso

Censura e propaganda del Cremlino sulla guerra in Ucraina

Di Raimondo Lanza
09.03.2022

Come diceva Otto von Bismark, non si mente mai tanto come prima delle elezioni, durante una guerra e dopo la caccia.

L’esistenza dei media di opposizione in Russia è sempre stata una corsa ad ostacoli, a causa del temutissimo Roskomnazor, letteralmente il “Servizio federale per la supervisione nella sfera della connessione e comunicazione di massa” un organo della Federazione Russa che controlla le comunicazioni e ne decreta, se del caso, il relativo oscuramento. Il Roskomnadzor ha sempre dato del filo da torcere ai canali di opposizione come Tv Rain, Eco Moskvi, Radio Svoboda, oltre che il blog di Aleksey Navalny per citarne solo alcuni, ma il Cremilino ha dato un pesante giro di vite nei mesi precedenti all’invasione dell’Ucraina, avvenuta il 24 febbraio 2022. Dall’aprile 2021 chiunque usufruisca di un sito, del materiale video o testuale proposto non approvato dal governo si imbatte in questa scritta, che sembra riportare all’Unione Sovietica:

“Il messaggio (materiale) in questione è prodotto e/o distribuito da un media straniero che svolge le funzioni di un agente straniero e/o da una persona giuridica russa che svolge le funzioni di un agente straniero”

Dall’inizio effettivo della guerra in Ucraina, le autorità russe hanno aumentato ancora di più il controllo della comunicazione e della terminologia da utilizzare, imponendo un tipo di narrativa che tutti i media ufficiali utilizzano volontariamente e che i media di opposizione sono tenuti a rispettare.

Nel dibattuto pubblico russo non è permesso fare uso dalle parole “invasione” e “guerra”, ma si deve fare riferimento ad una “operazione militare” nei territori ucraini. L’idea di fondo è che si tratti di una riposta mirata e precisa alle provocazioni del governo di Kiev che avrebbe minacciato la vita e la libertà delle popolazioni russofone nell’est del Paese. Per chi non si adegui alla versione ufficiale e protesti contro la guerra c’è la denuncia e l’arresto come traditore della patria. Si rischiano condanne fino a 15 anni di carcere. Secondo Ovd-Info (8 marzo 2022), da inizio guerra sono stati arrestati circa 14.000 manifestanti, inclusi dei bambini e degli anziani. Sono comparsi, sui media di opposizione, dei meme ironici a tal proposito. Il capolavoro di Tolstoj “Guerra e Pace”, è stato reinterpretato alla luce della propaganda odierna e si intitola “Operazione militare e tradimento della patria”. Un altro sito di opposizione “Kavkaski Usel” racconta di un altro episodio tragicomico. Un post dal titolo: “Censura. Perchè non si può credere ai media ufficiali sulla guerra in Ucraina” dopo l’intervento mirato di Roskomadzor si chiama semplicemente “Censura. Perchè non si può credere ai media ufficiali.” E in corso una vera e propria guerra di comunicazione fra i media ufficiali e gli utenti di internet che fanno ricorso, dove possibile, al dark web per accedere e comunicare con resto del mondo.

L’altra faccia della propaganda bersaglia direttamente la politica ucraina. Il governo di Kiev, secondo la vulgata ufficiale, sarebbe in mano a “nazisti” e “drogati”. Sul termine nazista è possibile trovare un riferimento storico, su “drogati” il Cremlino non ha elaborato più in dettaglio. La narrativa del Cremlino, già utilizzata durante la sollevazione di Maidan del 2014, si riferisce alla figura di Stepan Bandera, personaggio controverso della storia ucraina: eroe nazionale per gli ucraini desiderosi di indipendenza e filonazista e “traditore” per il governo russo. Bandera raccolse il mai sopito spirito di indipendenza Ucraina e si schierò dalla parte della Germania nazista sperando che Hitler potesse sostenere l’Ucraina nel suo sforzo di indipendenza in chiave antisovietica in maniera analoga a quello che era stato fatto da Simon Petljura con il Reich tedesco nel 1918. Nonostante un iniziale sostegno al progetto da parte tedesca, utile per combattere i sovietici, Hitler si rifiuto di riconoscere l’indipendenza ucraina e Bandera fu internato dai nazisti in un campo di concentramento, poi liberato e infine ucciso da un agente del KGB nel 1959 mentre si trovava in esilio in Germania. Nonostante si possa dibattere sulla figura di Bandera e sull’effettiva presenza di nazisti in Ucraina, il Cremilino non va per il sottile ed applica l’appellativo di “nazista” a chiunque abbia aspirazioni europee o sia contrario alle ingerenze russe su Kiev. Il 25 febbraio Putin, probabilmente in uno sforzo comunicativo orientato sicuramente al pubblico russo, ha esortato le forze armate ucraine a fare un colpo di Stato dichiarando: “Ancora una volta mi rivolgo ai soldati delle forze armate ucraine. Non lasciate che i neonazisti seguaci di Bandera utilizzino i vostri figli e le vostre mogli come scudi umani, prendete il potere nelle vostre mani.” E poi: “con voi sarebbe sicuramente più facile discutere e mettersi d’accordo che con quella banda di nazisti e drogati che tiene in ostaggio Kiev e il popolo Ucraino”. Nonostante sia molto difficile avere cifre chiare sul supporto interno che Putin stia ottenendo sulla guerra tramite censura e propaganda, due istituti di ricerca e sondaggi vicini al Cremilino, VTsIOM e FOM, sembrano confermare che circa due terzi dei russi sostengono l’intervento militare russo e hanno una visione negativa dell’Ucraina e del governo di Kiev. Secondo il più neutrale Levada Center, ben il 52% dei russi aveva una visione negativa dell’Ucraina fra il 17 e il 21 febbraio, rispetto al 43% di tre mesi prima . Segno che la propaganda ha dato i primi frutti. Inoltre, tutti i principali siti di opposizione, oltre che diverse testate internazionali, sono stati formalemente chiusi nella prima settimana di marzo. Sembra delinearsi una cristallizazione dell’opinione pubblica: chi è contro la guerra non ha più possibilità di esprimersi, né sui social né nelle piazze, e chi è favorevole avrà tendenza a restare tale dato il blocco di controinformazioni, almeno finché le sanzioni non cambieranno la qualità di vita della popolazione.

Il sostegno al Governo russo passa, infatti, anche dalla condanna delle sanzioni: secondo un altro sondaggio, citato da Gazeta.ru, il 49% dei russi dichiara che non tornerebbe a comprare (completamente o parzialmente) i prodotti di quelle aziende che hanno cessato la loro attività in Russia a seguito dell’attacco in Ucraina. Nei social media russi si ironizza: “certo che il 49% non comprerebbe più i prodotti delle aziende occidentali: con quali soldi?” scrive un utente. Il numero di “patrioti”, cioè di quelli che dichiarano che non acquisterebbero più i prodotti delle aziende occidentali è molto più alto fra le persone di età superiore a 34 anni e più deciso fra gli uomini che fra le donne (55% vs 43%). Sembra evidente il divario ideologico fra giovani attivi suoi social e che risiedono nelle grandi città e la Russia profonda.

Le sanzioni imposte alla Russia sono tuttavia di un’ampiezza senza precedenti ed è impensabile che non avranno effetti nel medio e lungo termine. Dal giorno del riconoscimento delle repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, la Russia è stata bersaglio di 2.800 misure sanzionatorie. Dal 2014 la Russia ha subito, secondo il quotidiano gazeta.ru, 5.500 misure restrittive che ne fanno il Paese più sanzionato della storia, davanti a Iran e Siria. Ma l’effetto delle sanzioni comincia a preoccupare il Cremlino che ha annunciato, nella mattinata dell’8 marzo 2022, un sostegno economico alle famiglie più bisognose che hanno figli dagli 8 ai 16 anni a partire dal mese di maggio, quasi a garantirsi ancora due mesi di “fiducia” da parte delle famiglie russe. Ancora una volta, sui social media la dichiarazione viene derisa come vaga e inconsistente: quali sono le famiglie a basso reddito? Di quanto sarà il sostegno? Il Governo russo ha fatto ricorso ad un imponente lavoro di propaganda e censura, prima per sminuire gli oppositori politici e ora per giustificare l’intervento in Ucraina e ha chiuso tutti i canali indipendenti. Chiunque manifesti il proprio dissenso viene arrestato e rischia fino a 15 anni di carcere. Solo i social media restano un megafono di protesta, ma sono in previsione misure sempre più draconiane per bloccarne l’utilizzo. Torna in mente una citazione di Napoleone III, che dopo la soppressione della quasi totalità dei giornali di opposizione, lamentava la monotonia della stampa: “non leggo mai i giornali perchè stampano solo quello che voglio io”.

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