Accordo Libano-Israele: un nuovo equilibro nella scena energetica mediterranea?
Geoeconomia

Accordo Libano-Israele: un nuovo equilibro nella scena energetica mediterranea?

Di Martina Angelini
22.11.2022

Dopo una contesa decennale e due anni di negoziazioni mediate dagli Stati Uniti, il Primo Ministro israeliano Yair Lapid e il Presidente libanese Michel Aoun hanno apposto le rispettive firme sull’accordo di demarcazione dei confini marittimi, regolando i diritti di sfruttamento dei giacimenti gasiferi dell’area contesa, ovvero i giacimenti di Karish e Qana.

A primo impatto, questo accordo potrebbe sembrare un punto di svolta per le relazioni Libano-Israele, dal momento che, ad oggi, i firmatari non riconoscono il rispettivo confine territoriale, non intrattengono relazioni diplomatiche e restano formalmente in guerra tra loro. Tuttavia, il reale impatto politico dell’accordo nelle relazioni tra i due Paesi è assai limitato. Questo è ben indicato dalla forma assunta dall’intesa: non si tratta infatti di un accordo bilaterale tra Libano e Israele, bensì di due accordi bilaterali firmati separatamente dai i due Paesi con il Paese mediatore, ovvero gli Stati Uniti. In tal modo, il Libano scongiura l’ipotesi di un riconoscimento (implicito) dello Stato di Israele. L’appoggio all’accordo da parte del partito libanese più avverso a Israele, Hezbollah, conferma la natura essenzialmente tecnica (più che politica) dell’accordo. È possibile però che la cooperazione tra i due Stati nel giacimento di Qana -su cui il Libano ha pieni diritti di sfruttamento, con l’obbligo di corrispondere royalties a Israele- possa creare le condizioni per una maggiore stabilità tra i due Paesi, fungendo da deterrente per eventuali attacchi di Hezbollah contro Israele.

Se la normalizzazione dei rapporti resta ancora una prospettiva lontana, le implicazioni dell’intesa sul piano energetico appaiono ben più significative. Dal lato libanese, la prospettiva di un aumento delle capacità energetiche potrebbe portare ad un miglioramento della situazione energetica del Paese dei Cedri, ad oggi piuttosto fragile e con frequenti e intense interruzioni di corrente. Inoltre, i proventi del giacimento potrebbero alleviare la crisi economico-finanziaria che attanaglia il Paese dal 2019. Per di più, sulla scia del successo delle negoziazioni, per il Libano si aprono prospettive concrete per superare l’impasse con altri Paesi su simili accordi di delimitazione marittima, così da consentire l’esplorazione energetica offshore delle aree in altre zone contese nel Mediterraneo orientale. In particolare, le dispute riguardano i confini marittimi settentrionali con la Siria e occidentali con Cipro. All’indomani della firma dell’accordo, Beirut ha espresso un rinnovato interesse nelle trattative con entrambi i Paesi e Nicosia ha già inviato una delegazione per le trattative nella capitale libanese.

Dal lato israeliano, lo sfruttamento dei giacimenti rafforza le capacità di export e consolida il ruolo del Paese quale potenza gasifera del Mediterraneo. Inoltre, l’accordo potrebbe potenziare le collaborazioni in materia energetica con l’Unione europea (UE), sulla scorta del memorandum d’intesa fra Israele, Egitto e UE dello scorso giugno, con il quale i Paesi si erano impegnati a rafforzare la cooperazione reciproca in materia energetica, stabilendo un corridoio per le esportazioni di gas naturale da Israele verso l’Europa, passando per l’Egitto, dove il gas viene liquefatto e poi trasportato via mare.

Il successo elettorale di Benjamin Netanyahu alle elezioni del Knesset del 3 novembre potrebbe rappresentare un’incognita per futuro dell’accordo, dal momento che in campagna elettorale il leader di Likud aveva espresso la sua ferma opposizione alla firma dell’accordo, definendolo “una resa storica” a Hezbollah e, in ultima istanza, all’Iran. Tuttavia, se le sorti dell’accordo rimangono incerte, il successo diplomatico statunitense è inconfutabile: gli Stati Uniti rafforzano il loro ruolo da garante securitario e consolidano un modello di negoziazione che potrà essere replicato in altre controversie simili nel Mediterraneo orientale, in primis tra Cipro e Turchia.

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