Green Defence: uno sviluppo sostenibile per il comparto militare
Difesa e Sicurezza

Green Defence: uno sviluppo sostenibile per il comparto militare

Di Alessandra Giada Dibenedetto
01.03.2020

Negli ultimi anni, la Comunità Internazionale ha fortemente concentrato la propria attenzione sulla necessità di adottare misure di sviluppo e di vita più sostenibili al fine di preservare l’ecosistema per le generazioni future. Di fatto, concetti tra i quali il riscaldamento globale, l’inquinamento ambientale e la riduzione nell’utilizzo di materiali non riciclabili o ad alto impatto ambientale sono oramai entrati pienamente nella nostra quotidianità. La creazione di movimenti ambientalisti e la promozione di class action dedicate alla salvaguardia dell’ambiente ha contribuito a mettere in moto la macchina legislativa nazionale, europea e internazionale al fine di disegnare delle nuove normative all’insegna di una vita più eco-compatibile. Ne hanno subito le dirette conseguenze numerose aziende, ma anche i comuni cittadini. Tra i vari settori pubblici e privati che hanno adottato un approccio più ecosostenibile, vi è anche la Difesa, il cui impatto ambientale è decisamente non trascurabile. A ben vedere, le industrie militari sono inquinanti così come i mezzi aerei, terrestri e marittimi usati dalle nostre Forze Armate.

Da qualche anno, diversi Paesi e organizzazioni internazionali hanno approvato delle specifiche strategie o lanciato una serie di iniziative volte a realizzare quella che è stata definita ‘Green Defence’. Sebbene l’obiettivo finale di ottenere un settore Difesa più sostenibile per l’ambiente sia ancora decisamente lontano, queste prime azioni intraprese sono sicuramente un incentivo per continuare a studiare l’argomento, modellare delle politiche adeguate e sviluppare delle soluzioni tecnologiche alternative ed ecosostenibili per il comparto militare.

Un quadro di riferimento importante è stato definito prima dalla NATO e poi dall’Unione Europea attraverso la propria agenzia competente, ovvero l’Agenzia Europea per la Difesa.  Nel 2014 l’Alleanza Atlantica ha approvato il ‘Green Defence Framework’, un documento di indirizzo che sottolinea l’importanza di adottare un approccio più ecologico per settore Difesa. Gli obiettivi del Framework sono di rendere la NATO più efficiente dal punto di vista dall’approvvigionamento energetico e più sostenibile per l’ambiente durante le proprie attività. Si pensi, infatti, alle enormi quantità di carburante che vengono consumate durante una della più grandi esercitazioni NATO, ovvero Trident Juncture, e il livello di inquinamento delle stesse. Inoltre, il documento suggerisce di usare in modo più adeguato ed efficiente le risorse disponibili. Nella pratica, la NATO vuole migliorare l’aspetto green sia delle proprie esercitazioni militari, ma anche delle infrastrutture logistiche e amministrative attraverso un impegno concertato dei team di ricerca scientifici dell’Alleanza e dei singoli Paesi membri. Tra le azioni più concrete realizzate vi è la mobilitazione di una task force specializzata, ovvero la Energy Security Task Force, la creazione di una piattaforma di dialogo e scambio di conoscenze tra Alleati e il coinvolgimento delle industrie del settore per lo sviluppo di nuove tecnologie ecosostenibili che siano dual-use, vale a dire utilizzabili sia dal comparto militare che civile. Ad oggi, tra le priorità di ricerca dell’Alleanza Atlantica figurano l’installazione di nuove fonti di energia sostenibili e la sperimentazione di sistemi innovativi per i mezzi militari al fine di diminuire l’impatto ambientale dei dispiegamenti delle Forze Armate.

A sostegno degli sforzi della NATO si è più recentemente aggiunta l’Agenzia Europea per la Difesa che, tramite la strategia ‘Military green’, mira a fare aumentare il livello di responsabilità degli Stati membri in ambito energetico e ambientale durante tutto il ciclo di vita di una operazione militare e anche nelle relative basi logistiche. Secondo il documento, il settore Difesa è il principale consumatore di energia nei Paesi europei; ed è proprio per questa ragione che l’UE suggerisce l’utilizzo di fonti rinnovabili tra cui, in particolare, tecnologie fotovoltaiche per le strutture militari nazionali. Inoltre, il documento propone cinque aree d’azione ben precise su cui concentrare l’attenzione e le risorse nei prossimi anni: raggiungere un’efficienza energetica sostenibile nel dominio aereo, terrestre e marittimo attraverso l’utilizzo di sistemi innovativi, regolamentare in maniera più ecologica lo smaltimento dei rifiuti e il consumo di acqua, sviluppare delle munizioni più ecosostenibili, minimizzare l’utilizzo di sostanze pericolose e studiare l’impatto sull’ambiente dei campi elettromagnetici e acustici. Di recente, all’interno della Cooperazione Strutturata Permanente è stato lanciato un progetto che mira a sviluppare nuovi sistemi di approvvigionamento energetico per le installazioni militari all’esterno nell’ambito di operazioni congiunte. Infine, l’Agenzia Europea per la Difesa ha, meno di due anni fa, avviato un corso di specializzazione per studenti sul tema dell’energia per il settore Difesa, il cui scopo ultimo è aumentare l’efficienza energetica e ridurre il consumo energetico complessivo delle Forze Armate dei Paesi membri.

Per quel che concerne l’effettiva implementazione da parte dei vari Paesi delle direttive NATO ed europee e il più generale impegno verso una Difesa più sostenibile, tra le numerose iniziative vale la pena discutere due casi in particolare, ovvero quello inglese e italiano. Il Ministero della Difesa inglese ha delineato una ‘strategia sostenibile’ per il 2015-2025 che ha una doppia finalità: da un lato sviluppare un comparto militare che abbia un impatto ambientale ridotto, dall’altro assicurare sostenibilità e resilienza dello stesso nel tempo. Di fatto, se gli spostamenti di mezzi militari possono contribuire all’inquinamento atmosferico, il cambiamento climatico porta nuove sfide alla sicurezza per il comparto Difesa. Il governo britannico, quindi, guarda il tema della sostenibilità ambientale con doppie lenti e delinea una strategia duplice che si articola in azioni dirette e in un percorso evolutivo del settore. La prima azione individuata dal documento riguarda la riduzione della dipendenza dai combustibili fossili e, di conseguenza, l’aumento dell’efficienza energetica. In secondo luogo, si parla di valutare e diminuire l’impatto ambientale causato dal non corretto smaltimento dei rifiuti e da un eccessivo uso dell’acqua.

Un altro esempio di azione mirata e concreta è il programma ‘Flotta verde’ avviato dalla Marina Militare italiana e che prevede l’impiego di nuove tecnologie per garantire un trasporto marittimo pulito e sostenibile. Il progetto è articolato in tre misure specifiche: l’utilizzo di combustibili alternativi, l’implementazione di misure di ‘energy saving’ e lo sviluppo di tecnologie di eco-design. Già nel 2013, a seguito di un accordo siglato tra la Marina Militare e la società ENI, quest’ultima ha sviluppato il Green Diesel, un biocombustibile le cui emissioni di anidride carbonica sono la metà rispetto ai combustibili fossili tradizionali. L’Italia è stato il primo Paese in Europa a sperimentare il Green Diesel e ha anche condotto nel 2016 un’esercitazione di rifornimento in mare con le navi della flotta statunitense. Per modellare la propria Flotta Verde, la Marina Militare ha anche avviato un processo volto a ottimizzare gli impieghi di energia e ridurre i consumi attraverso una campagna di sensibilizzazione del personale, ma anche con l’adozione di sistemi automatizzati per la gestione dell’energia e l’impiego della propulsione ibrida che prevede l’uso di motori elettrici per medie e basse velocità. Infine, la Squadra Navale ha già adottato numerose tecnologie di eco-design, tra cui: l’alimentazione elettrica da terra durante le soste nelle basi navali, moderni sistemi di desalinizzazione dell’acqua marina per il consumo del personale a bordo, monitoraggio e riduzione della segnatura acustica delle navi.

Anche al di fuori dell’Europa e del contesto Atlantico vi sono numerosi esempi di governi e Forze Armate impegnati nel raggiungimento di una Difesa più sostenibile per l’ambiente. Tra questi, il Governo australiano è sicuramente il più attivo avendo elaborato già nel 2010 un piano di azione sul tema e approvato nel 2016 la “Environmental Strategy”, una ventennale visione strategica per l’ambiente. La strategia del Dipartimento di Difesa australiano prevede una serie di misure, azioni politiche e accorgimenti finalizzati a ridurre l’impatto ambientale del settore Difesa, partendo dalle infrastrutture militari, passando per l’industria del settore e il procurement, sino ad arrivare all’addestramento e dispiegamento delle proprie Forze Armate.

Da tale breve disamina di alcune delle politiche e strategie modellate da organizzazioni internazionali e Paesi emerge chiaramente che il tema della sostenibilità ambientale è entrato pienamente anche negli ambienti militari. Di fatto, l’apparato militare, per sua stessa natura, tende ad essere altamente energivoro e inquinante e, per il suo funzionamento operativo, dipende da industrie ad alto impatto ambientale. Proprio a causa di tali ostacoli strutturali e delle tempistiche necessarie per approvare riforme adeguate, sviluppare tecnologie ecologiche innovative e poi adoperarle nelle infrastrutture militari e nei teatri operativi, la strada da percorrere per realizzare una vera Green Defence è ancora lunga. Tuttavia, l’impegno dimostrato dalle Forze Armate di alcuni Paesi fa ben sperare in un futuro in cui anche il settore Difesa avrà un occhio di riguardo per l’ambiente. D’altronde, non vanno tralasciati altri aspetti positivi trasversali all’adozione di un approccio più sostenibile. Anzitutto, l’impiego di nuove tecnologie amiche dell’ambiente può portare ad un risparmio economico notevole. Si pensi, ad esempio, all’utilizzo di pannelli solari nelle principali strutture della Difesa oppure all’installazione di propulsori ibridi sulle navi militari. Inoltre, molte delle soluzioni innovative posso aumentare il livello di sicurezza delle missioni militari.

Ad esempio, se i mezzi militari terrestri fossero alimentati attraverso fonti di energia sostenibile anziché carburante, sarebbe possibile ridurre il numero di incidenti in strada e di eventuali vittime poiché molto spesso i convogli militari vengono presi di mira dagli avversari proprio per gli effetti devastanti che la loro esplosione può causare.

Nella prospettiva di ottenere nel medio-lungo periodo un settore Difesa che sia davvero ‘più verde’, si suggeriscono tre linee di azione da seguire. In primo luogo, si rende necessario mantenere attiva l’attenzione del mondo istituzionale nazionale e internazionale sul tema e aumentare la consapevolezza pubblica sul processo di eco-sostenibilità militare. In tal modo, il proseguo dell’impegno governativo e delle Forze Armate potrà ricevere il supporto della Comunità nazionale e internazionale. In secondo luogo, vista la complessità del processo, è fondamentale sostenere la ricerca e lo sviluppo di tecnologie appropriate e condividere best practices e lessons learned con i Paesi partner. Da ultimo, visto il processo di collaborazione in materia di Difesa avviato dall’Unione Europea, sarebbe opportuno incrementare il numero di progetti finalizzati allo sviluppo di nuovi sistemi militari sostenibili per l’ambiente. Tale cooperazione non solo taglierebbe nettamente i costi, ma aumenterebbe anche il numero di soluzioni innovative realizzate. Infine, dato che anche l’Alleanza Atlantica affronta da tempo il tema, l’obiettivo della Green Defence potrebbe essere inserito tra le linee di azione individuate nell’ambito della collaborazione NATO-UE. Di fatto, solo uno sforzo collettivo a livello nazionale, europeo e internazionale può portare alla definizione di un settore Difesa più amico dell’ambiente.

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