Attacchi a Londra, Corbyn: premier si dimetta. Papa prega per la pace_RadioVaticana

Attacchi a Londra, Corbyn: premier si dimetta. Papa prega per la pace_RadioVaticana

04.06.2017

Crescono le polemiche nel Regno Unito dopo l’attacco terroristico di sabato a Londra costato la vita a 7 persone: il leader laburista Jeremy Corbyn chiede le dimissioni del primo ministro Theresa May, a causa dei tagli alla sicurezza effettuati dal suo governo. Da parte sua, la premier May, ha detto che l’attacco non era solo contro Londra ma contro il mondo intero e ha dato pieno sostegno allo “shoot to kill”, sparare per uccidere i terroristi, come hanno fatto gli agenti di Scotland Yard a London Bridge. La premier ha ribadito che il livello di allerta anti-terrorismo resta “grave” e ha confermato il rafforzamento delle misure di sicurezza a Londra. Identificati, intanto, i tre aggressori uccisi dalle forze dell’ordine. Ieri, al Regina Caeli in Piazza San Pietro, Papa Francesco ha chiesto preghiere per le vittime dell’attentato. Queste le sue parole:

“Lo Spirito doni pace al mondo intero; guarisca le piaghe della guerra e del terrorismo, che, anche a Londra, ha colpito civili innocenti: preghiamo per le vittime e i familiari”.

E a Londra e in tutta la Gran Bretagna il livello di allerta resta dunque alto, specie dopo la rivendicazione da parte del sedicente Stato Islamico. Il servizio di Giancarlo La Vella:

Ancora la firma del Califfato, questa volta sul duplice attacco di Londra, avvenuto a pochi giorni dalle elezioni anticipate dell’8 giugno prossimo. E ieri, subito dopo gli attentati di London Bridge e Borough Market, sono partite a tappeto le indagini di Scotland Yard. Almeno 12 gli arresti, ma si continua  a dare la caccia ai possibili fiancheggiatori dei tre esecutori dei raid, uccisi dalla polizia, e identificati: i loro nomi - è stato precisato - saranno presto resi noti.

La premier conservatrice, Theresa May, che oggi riprende una campagna elettorale alle ultime battute, ha ieri usato parole dure contro il terrorismo islamico. Senza mezzi termini ha detto: “Siamo stati troppo tolleranti con l’estremismo. Quel che è troppo è troppo. Le cose devono cambiare”. Nessuna  conseguenze – ha concluso – per il regolare svolgimento delle consultazioni. Gli fa eco il presidente americano Trump: “Questo spargimento di sangue deve finire e finirà – ha detto il capo della Casa Bianca –. Proteggerò gli Stati Uniti e i nostri alleati”. Solidarietà al Regno Unito anche da parte del neopresidente francese, Macron, che evidenzia l’importanza di una più stretta cooperazione tra i partner europei. E la Gran Bretagna, ancora scioccata, ieri ha ribadito il suo no al terrorismo nel concerto dell’Old Trafford di Manchester in segno di solidarietà per le vittime dell’altro attentato del 22 maggio scorso in cui persero la vita, proprio durante uno spettacolo musicale, 24 persone.

Sul significato di questo nuovo raid terroristico in Europa, abbiamo raccolto il parere di Andrea Margelletti, presidente del Centro Studi Internazionali (Cesi):

R. – Ci troviamo di fronte oramai da molti anni ad una minaccia costante, frutto di  lunghissime disattenzioni da parte del mondo occidentale verso alcune aree del mondo, ed è una minaccia molto europea: quasi tutti i jihadisti che hanno insanguinato l’Europa in questi ultimi anni sono cittadini europei.

D. – Su questo aspetto: siamo soliti legare questi attentati in Europa al sedicente Stato islamico, come se ci fosse una precisa regia al di là del Mediterraneo; invece, chiaramente, bisogna prendere delle contromisure guardando all’interno dei nostri Paesi?

R. – Che esista un mandato da parte di gruppi jihadisti, non soltanto nello Stato islamico, affinché chi si sente parte di quel mondo agisca come può, dove può e con i mezzi che ha a disposizione, questo è oggettivamente un dato di fatto. Però dobbiamo rimarcare – ed è questo il problema importante – che continuiamo a discutere di polizia europea, servizi segreti europei, maggiore integrazione, quando in realtà l’Europa perde i pezzi, quando l’Europa alza dei muri e non esiste una politica estera comune. Basti vedere le politiche diverse che fanno, ad esempio, Gran Bretagna e Francia rispetto all’Italia nel caso della Libia … Finché noi continueremo a giocare con i nostri destini, pensando di vivere nel mondo degli antichi villaggi rurali, senza renderci conto che viviamo ormai in un mondo integrato, saremo sempre vulnerabili.

Fonte: RadioVaticana