Il fenomeno delle migrazioni irregolari: l’approccio dei governi africani al contrasto del traffico dei migranti
Africa

Il fenomeno delle migrazioni irregolari: l’approccio dei governi africani al contrasto del traffico dei migranti

Di Melania Malomo
02.01.2020

Recentemente, il fenomeno migratorio ha acquistato un’importanza centrale nel dibattito politico internazionale. Da una parte perché il numero dei migranti è effettivamente aumentato negli ultimi anni, dall’altra perché i mass media, così come alcuni attori politici hanno sottolineato l’importanza del tema della sicurezza delle frontiere, che ha contribuito alla polarizzazione dell’opinione pubblica. In particolare, la migrazione irregolare con origine in Africa è il tema che oggi preoccupa maggiormente i Paesi europei, scelti la gran parte delle volte come meta preferenziale da rifugiati, richiedenti asilo e migranti economici. Le ragioni per cui i cittadini africani decidono di emigrare possono essere tra le più svariate: la presenza di sistemi politici autocratici in patria, condizioni economiche precarie, conflitti armati, presenza di attività criminali radicate nel territorio o una combinazione di questi fattori.

Anche se ancora oggi la migrazione intra-africana rimane sette volte maggiore rispetto all’emigrazione dall’Africa verso il resto del mondo, a partire dagli anni ’60 si è registrato un  consistente aumento nella portata delle migrazioni africane verso il continente europeo, soprattutto dall’area centrale dell’Africa (nel 2017, circa 168mila africani hanno fatto richiesta di asilo in Europa). I dati disponibili, oltretutto, non sono esaustivi, dal momento che non prendono in considerazione tutti quegli immigrati che hanno attraversato le frontiere irregolarmente o che sono irregolarmente residenti nel Paese di arrivo. Oltretutto, il fenomeno è destinato ad aumentare nel futuro prossimo: secondo le stime ONU, la popolazione africana raggiungerà i 1,3 miliardi nel 2050 e sarà composta per la maggioranza da individui in età lavorativa, il che tendenzialmente dovrebbe a sua volta far registrare un aumento nell’intensità del fenomeno migratorio verso l’Unione Europea. Infatti, se non si registrerà un miglioramento sostanziale delle condizione economiche, il mercato del lavoro africano difficilmente potrà assorbire tale incremento nel numero di lavoratori.  Di conseguenza, si stima che approssimativamente un terzo dei cittadini africani lasceranno il continente.

Il flusso irregolare di migranti è per l’ 80% collegato all’operato dei trafficanti che, a fronte di un lauto pagamento, facilitano l’attraversamento delle frontiere per tutti quegli individui privi dei requisiti legali necessari per farlo, provvedendo per il trasporto e la falsificazione dei documenti. Inoltre, al traffico (smuggling) è strettamente collegato il fenomeno della tratta di migranti (trafficking), tanto che i due fenomeni spesso si sovrappongono, con la conseguente difficoltà nel delineare i confini tra le due definizioni. Infatti, può accadere che, durante il viaggio, alcuni dei migranti siano vittime di abusi da parte dei trafficanti, che sfruttano la vulnerabilità e le precarie condizioni economiche di questi individui per condannarle a lavori forzati o prostituzione L’azione dei trafficanti è facilitata anche dalla presenza di due fattori: da un lato, vaste porzioni di territorio sono controllate da organizzazioni terroristiche che, in connivenza con i trafficanti, facilitano i movimenti illegali di persone; dall’altro, gran parte dei confini africani risultano porosi, non controllati, tanto che alcuni migranti possono autonomamente passare da uno Stato all’altro senza superare alcun tipo di controllo. Per esempio, in Sierra Leone solo 33 attraversamenti di su 400 frontiera sono effettivamente controllati.

Per questo motivo, alcuni Paesi africani hanno rafforzato i controlli ai confini: dal 2007, Niger e Mali hanno avviato un sistema di controllo congiunto delle frontiere, mentre nel biennio 2008-2009 la Mauritania ha adottato un sistema di raccolta dati biometrico e ha aumentato a 47 il numero dei posti di controllo transfrontalieri, vista la sua vicinanza a Paesi in precarie condizioni politiche, come il Senegal e il Mali. Tuttavia questa strategia non si è rivelata prettamente efficace. Innanzitutto perché l’applicabilità delle norme nazionali per il controllo e la gestione del fenomeno dell’immigrazione irregolare è di fatto ostacolato dalla connivenza dei funzionari statali corrotti. Inoltre, in risposta all’aumento di controlli frontalieri, il network criminale dedicato al traffico dei migranti si è effettivamente professionalizzato, dal momento che si è verificata una sorta di “selezione naturale” di tali attori, attraverso la progressiva scomparsa dei trafficanti meno organizzati a favore di quelli con migliori capacità. Un’altra conseguenza è stata quella di obbligare i migranti a muoversi attraverso percorsi maggiormente rischiosi al fine di evitare i controlli, rendendo di fatto ancora più pericoloso il viaggio all’interno del continente verso l’Europa.

Le iniziative dedicate al contrasto del traffico dei migranti a livello intra-africano sono poche. Tra queste, di rilievo sono il WACAP e l’Iniziativa per il Corno d’Africa. La West African Network of Central Authorities and Prosecutors (WACAP) è un’iniziativa promossa dallo United Nations Office on Drugs and Crime nel 2013 e ha l’obiettivo di promuovere degli incontri su base regolare per facilitare la creazione di un approccio di contrasto al fenomeno a livello regionale, anche attraverso l’addestramento dei funzionari di giustizia penale dei singoli Stati partecipanti. L’Iniziativa per il Corno d’Africa sulla Tratta e il Traffico dei Migranti, avviata nel 2014, si propone invece di promuovere il dialogo su base regolare tra i Paesi d’origine, quelli di arrivo e quelli di transito dei migranti in modo tale da favorire il coordinamento e la cooperazione degli Stati coinvolti per l’individuazione e il contrasto del network di trafficanti. Inoltre, l’iniziativa ha l’obiettivo di sviluppare una comune comprensione del fenomeno (cause, conseguenze e modelli operativi) così da cercare di prevedere i trend futuri, creare meccanismi appropriati per affrontare la questione a livello regionale e promuovere attività di mobilitazione delle risorse per assicurare che ci siano fondi a sufficienza per l’implementazione di tali politiche.

A livello di Unione Africana (UA) invece, il progetto più recente per il contrasto del fenomeno dell’immigrazione irregolare si inserisce nell’iniziativa del “Migration Policy Framework for Africa and Plan of Action (2018-2030)”. In questo contesto, il Piano prevede che gli Stati adempiano il loro dovere umanitario verso i rifugiati e qualsiasi altro individuo avente diritto a tale protezione, facilitando la mobilità di tali soggetti e rispettando il principio di non respingimento. Per quanto riguarda il contrasto del traffico di migranti, il Piano invita ogni Stato membro ad individuare le cause alla radice del fenomeno migratorio al fine di promuovere iniziative a livello nazionale atte alla prevenzione del traffico stesso, come ad esempio l’avvio di campagne di sensibilizzazione che informino i cittadini delle reali condizioni che i migranti si ritrovano ad affrontare lungo il loro percorso e all’arrivo. A livello transnazionale, invece, il Piano prevede la creazione di un database che contenga informazioni quantitative e qualitative sull’estensione e le modalità del fenomeno (gli ultimi dati in merito risalgono al 2005) in modo da comprenderlo appieno, così come la promozione dello scambio di intelligence tra gli attori statali al fine di avviare investigazioni congiunte contro il network dei trafficanti. Tuttavia, bisogna ricordare che tali regolamentazioni non sono direttamente applicabili all’interno del territorio dello Stato membro ma devono essere implementate attraverso un’apposita legislazione nazionale.

Lo stesso problema si attesta nel contesto dell’ECOWAS (Economic Community of West Africa States), in quanto le politiche regionali non sono direttamente applicabili sul territorio nazionale. Di conseguenza, anche se gli Stati membri hanno formalmente accettato l’Approccio Comune sulla Migrazione nel 2008, che contiene un obbligo generale di proteggere i cittadini dalle azioni dei trafficanti, nessuna nazione ha in realtà implementato tali provvedimenti. All’interno del contesto ECOWAS  è stato creato anche un forum con lo scopo di discutere il tema delle migrazioni in modo da dare una risposta collettiva alla questione: il MIDWA (Migration Dialogue for West Africa). Questo si occupa di una vasta gamma di temi, dal controllo dei confini, alla gestione dell’immigrazione irregolare, al traffico e la tratta di migranti. Tuttavia, il forum si è concentrato per lo più sulla definizione di politiche migratorie regionali e sulla promozione della libera circolazione piuttosto che sul contrasto del fenomeno dello smuggling. Inoltre, anche se quasi tutti gli Stati membri hanno ratificato il Protocollo UN contro il Traffico di Migranti, esso non sembra essere stato completamente applicato e gli sforzi per criminalizzare il traffico di migranti sono stati minimi, con eccezione di Niger e Nigeria. In Niger, nel 2015 è stata approvata una legge che dichiara che i migranti trafficati sono vittime di violazioni ai diritti umani, mentre in Nigeria una legge del 2005 criminalizza i trafficanti di esseri umani, attraverso l’introduzione di una pena pari a 5 anni di detenzione.

Se le iniziative per il contrasto all’immigrazione irregolare nell’Africa occidentale risultano carenti e scarsamente implementate, sul versante orientale i progetti regionali dedicati al fenomeno sono ancora più esigui. Tra questi, il MIDCOM (Migration Dialogue from the Common Market for Eastern and Southern Africa Member States) offre un comune luogo d’incontro tra gli Stati membri per l’armonizzazione delle politiche migratorie a livello regionale, con uno specifico focus al contrasto dell’immigrazione irregolare. Oltre al MIDCOM, la East African Police Chiefs Cooperation Organisation (EAPCO), fondata nel 2002, ha l’obiettivo di ridurre le attività criminali transnazionali a livello regionale attraverso la creazione di centri specializzati nell’addestramento, la ricerca e l’analisi per il contrasto del fenomeno dello smuggling nel Corno. Tuttavia, entrambi i progetti non hanno dato alcun tipo di risultato e le politiche migratorie a livello nazionale sono carenti. Particolarmente rilevante in questo senso è il caso dell’Eritrea. Qui, infatti, non solo non esiste alcun tipo di protezione per i rifugiati e/o i richiedenti asilo, ma anche la distribuzione di passaporti e visti è fortemente limitata per tutti i cittadini al di sotto dei 50 anni. Di conseguenza, tali politiche finiscono per alimentare il business della migrazione irregolare. In Somalia, invece, non esiste alcuna legge riguardo il contrasto o la criminalizzazione del fenomeno del traffico e della tratta di migranti, anche se alcuni articoli del codice penale criminalizzano il trasferimento, il sequestro e l’imprigionamento di un individuo, con pene da 3 a 12 anni di carcere. Recentemente è stata creata un’unità speciale contro il traffico e la tratta di esseri umani, formata dall’unione delle Forze di Polizia e il Dipartimento di Indagini Penali. Tuttavia, questa task force fatica ad essere completamente operativa, a causa della mancanza di fondi (il budget attualmente è fermo a 5,5 milioni di dollari), della competizione tra i vari dipartimenti governativi coinvolti (Ministero degli Esteri, Ministero della Giustizia, Ministero dell’Interno e il ministero per la Sicurezza Interna) e, soprattutto, a causa di una limitata capacità nel raccogliere i dati necessari per la costruzione di un quadro nazionale concernente il fenomeno migratorio. Di conseguenza, a due anni dalla sua formazione, la task force non ha registrato alcun progresso. L’Etiopia invece, che ha recentemente incorporato nella propria legislazione nazionale il Protocollo ONU contro il traffico dei migranti, ha ancora delle carenze a livello informativo: i governi locali e gli ufficiali hanno ancora una conoscenza limitata della nuova legge, nonostante siano stati promossi vari workshop (“training of trainers”) dedicati alla sua divulgazione.

Le varie iniziative analizzate per il contrasto dei flussi migratori regolari segnalano una recente presa di coscienza da parte dei governi africani riguardo l’estensione e la gravità del fenomeno della migrazione irregolare. Tuttavia, i progetti descritti affrontano ancora molti limiti operativi. La maggior parte dei forum a livello regionale non è stato opportunamente sfruttato: gli incontri sono stati sporadici e la discussione a livello regionale non è stata in grado di consegnare una strategia politica concreta di contrasto al fenomeno e, anche nel caso in cui tale strategia venga delineata, gli Stati membri delle varie organizzazioni africane non avrebbero l’obbligo di implementarla. Inoltre, anche se il fenomeno ha acquisito prominenza nel dibattito politico africano, la maggior parte delle forze di polizia, degli ufficiali governativi e della società civile non sono stati opportunamente coinvolti nella discussione e mancano delle informazioni necessarie finanche per comprendere la differenza tra la tratta e il traffico dei migranti.

In ultima analisi, le problematiche da affrontare con maggiore urgenza sono la mancanza di un sistema di raccolta dati sul fenomeno migratorio, la mancanza di fondi e la lotta alla corruzione. La raccolta dati appare necessaria per definire l’entità del fenomeno e per creare un sistema di condivisione di informazioni a livello regionale in modo da definire una politica comune di contrasto, evitando duplicazioni e aumentando il livello di efficienza di tali strategie. Una soluzione a tale problema è stata avanzata dallo IOM che, lungo le rotte verso il Nord Africa, ha creato vari Migration Response Centers che, oltre che fornire assistenza diretta ai migranti e supporto ai governi nella gestione dei flussi, collezionano informazioni e dati sulla migrazione, il traffico e la tratta di migranti. La disponibilità di adeguati fondi invece è di vitale importanza per l’avvio di campagne di informazione e sensibilizzazione, necessarie a loro volta per una completa implementazione delle politiche migratorie a livello governativo e per la prevenzione dei flussi. La corruzione a livello governativo deve poi essere affrontata opportunamente, dal momento che essa ostacola l’effettiva applicazione di quelle poche politiche migratorie avanzate a livello nazionale e regionale, alimentando il fenomeno per meri profitti personali. Successivamente, sarà necessario affrontare le cause alla radice del fenomeno migratorio a livello nazionale, in modo da attuare un’azione preventiva ed eventualmente incrementare i canali per lo sviluppo della migrazione regolare.

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