Il dinamismo dell’Azerbaijan: analisi e prospettive dell’economia azera
Russia e Caucaso

Il dinamismo dell’Azerbaijan: analisi e prospettive dell’economia azera

Di Giuseppe Marino
25.10.2016

Nel corso degli ultimi 25 anni, precisamente da quando il protocollo di Alma Ata del 1991 ratificò la costituzione della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) ribadendo la fine del colosso sovietico, diversi sono stati i percorsi maturati dalle ex repubbliche che ne facevano parte.

Prima del 1991 l’Azerbaijan aveva una propria economia di base, seppur dipendente da Mosca, trainata dal settore agricolo e dallo sfruttamento delle materie prime, da un settore industriale mediamente sviluppato e da una sufficiente presenza di servizi terziari. Questa struttura economica collassò con la fine dell’impero sovietico portando ad una rapida crisi. Basti pensare che nel 1995 il PIL nazionale azero era circa il 37% rispetto al PIL del 1989, con un indice di povertà che sfiorava il 50% della popolazione. Il collasso del sistema economico fu determinato da una combinazione di fattori: la perdita del finanziamento proveniente da Mosca, la rottura del precedente sistema di mercato dei Paesi del Patto di Varsavia, il passaggio ad una economia di mercato. Altri fattori incisero su una prima fase di stagnazione economica. In primis il conflitto scaturito con la vicina Armenia che ebbe costi enormi, ingenti perdite umane e molte infrastrutture distrutte. Secondo, la difficile scelta politico economica dell’establishment azero: restare un Paese satellite della Russia (o dipendente da altre potenze regionali), oppure intraprendere una via indipendente inserendosi progressivamente in un nuovo contesto politico regionale che andava via via sviluppandosi. Fu scelta questa seconda opzione.

Per far fronte alla crisi economica ed acquisire nel minor tempo possibile una propria indipendenza fu presa la decisione più logica, ossia di puntare sullo sviluppo delle materie prime principali, gas e petrolio. Il piano economico prevedeva un duplice intervento: da una parte accordi di sviluppo tra la SOCAR (compagnia petrolifera statale) e le maggiori compagnie straniere, dall’altra l’apertura dello Stato a massici investimenti di capitali stranieri, anche nei settori non petroliferi. Non a caso il primo accordo internazionale sul petrolio fu firmato nel 1994 per la costruzione dell’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan, seguito nel 1996 da un accordo tra la SOCAR ed alcune compagnie petrolifere straniere con mandato di esplorazione e produzione. Nella prima metà degli anni ’90 si delineò la politica energetica perseguita dallo Stato. Circa il 20% della produzione degli idrocarburi nazionali veniva e viene gestita dalla compagnia di stato, la SOCAR. Il restante 80% della produzione è tutt’ora gestito mediante una serie di accordi commerciali di sviluppo dalla British Petroleum e da un consorzio azero che comprende circa 8 compagnie, soprattutto straniere (AIOC). Tale gestione delle risorse energetiche ha favorito un enorme afflusso di capitali esteri. L’effetto domino di tali investimenti ha prodotto un’incremento esponenziale dell’economia azera, la quale ha beneficiato di un aumento del numero di occupati e un miglioramento delle infrastrutture locali. Nel decennio intercorso tra il 1996 e il 2005, il PIL azero ha mantenuto una crescita media annua del 10%. Cio’ non ha mancato di creare un campanello d’allarme tra gli economisti nazionali, i quali avevano intuito che la troppa dipendenza economica dallo sfruttamento degli idrocarburi (che ancora nel 2014 costituiva all’incirca il 60% del PIL), avrebbe nel medio-lungo periodo condizionato l’economia nazionale. Per tale motivo l’Azerbaijan è stato costretto sin da subito a pensare ad una strategia di diversificazione dell’economia statale, cercando di favorire gli investimenti di capitali stranieri nei settori non oil. Un primo dato di questo cambiamento è stato l’incremento di investimenti nel miglioramento e nella diffusione delle infrastrutture statali. Oltre all’investimento di capitali nell’urbanistica e nella trasformazione delle città principali in modene metropoli, le principali fonti di investimento sono state destinate alla costruzione e allo sviluppo delle reti di comunicazione: porti, aereoporti, strade e rete ferroviaria. I primi progetti hanno riguardato l’ammodernamento del trasporto merci /persone della rete ferroviaria (spesso ad unico binario), non solo all’interno dello stato ma soprattutto nei collegamenti con gli stati confinanti. Si colloca in quest’ottica la partecipazione dello stato azero alla realizzazione dell’International North-South Transport Corridor (INSTC): un complesso sistema di comunicazione costituito da collegamenti navali, ferroviari e stradali degli stati del centro Asia e dell’Europa (compresi India, Russia e Iran). Tale progetto ha l’obiettivo di aumentare la rete di trasporti commerciali tra le capitali degli stati interessati. All’interno dell’INSTC è posizionato il segmento ferroviario Qazvin-Rasht-Astara, che collegherà l’Iran all’Azerbaijan e che verrà completato entro la fine del 2016. Il potenziamento della linea ferroviaria interna ha permesso la connessione del porto internazionale di Alyat verso i più remoti confini nazionali. Un esempio è la linea ferroviaria Baku-Alyat-Beyuk che collega il porto con il confine azero-georgiano. Altro tratto ferroviario in via di ammodernamento (passaggio alla linea con doppio binario), è la tratta Baku-Tbilisi-Kars. Lunga circa 826 km, essa costituisce un nuovo “ponte” tra il Caucaso e l’Europa continentale, collegando Azerbaijan, Georgia e Turchia.

Di notevole rilevanza strategica è il già citato porto internazionale di Alyat, distante pochi km dalla capitale Baku. Il porto rappresenta un grande investimento, poichè intensificherà le relazioni marittime commerciali con il vicino Turkmenistan e con il Kazakhstan. A questi progetti si sono aggiunti negli ultimi anni quelli di riqualificazione della rete stradale nazionale (autostrada Baku-Shamakhi e sezione dell’ autostrada Masalli-Astara) oltre alla costruzione del nuovo aeroporto di Baku. Obiettivo principale dei progetti citati è quello di rendere l’Azerbaijan un hub nel settore dei trasporti, nella doppia direttrice nord-sud (all’interno del caucaso e della macro-regione asiatica) ed est-ovest (principalmente rafforzando i propri collegamenti verso occidente). Secondo dati ufficiali del 2012, il settore dei trasporti in Azerbaijan ha contribuito al 6.6% del PIL, facendo di questo settore il terzo contributore dell’economia nazionale, preceduto dal comparto industriale (che comprende anche il settore oil&gas) e dal settore delle costruzioni.

Il contributo princiale all’economia resta quello proveniente dallo sfruttamento degli idrocarburi. L’Azerbaijan in questi ultimi anni ha perseguito una lenta ma efficace politica di avvicinamento con i Paesi occidentali, sfruttando la crisi delle relazioni diplomatiche tra l’UE e la Russia e l’embargo che in questi anni ha limitato il potenziale energetico iraniano. L’altalenante destino del progetto Turkish Stream tra Russia e Turchia costituisce per l’Azerbaijan una concreta possibilità di erodere quote di mercato al gas russo e porsi come hub energetico nella regione caucasica. Da segnalare in questo senso, la realizzazione del progetto TANAP-TAP: il gasdotto, partendo dal giacimento Shah Deniz e attraversando tutta la Turchia (Trans Anatolian Pipeline), porterà il gas azero in Europa tramite la dorsale adriatica italiana, attraversando anche Grecia e Albania (Trans Adriatic Pipeline). A sottolineare l’importanza strategica del gasdotto TAP ci ha pensato la Commissione Europea, che di recente ha incluso il progetto nella lista dei “projects of common interest”. Il gasdotto usufruirà anche dei finanziamenti da parte dell’Unione e dovrebbe essere completato entro il 2018. Il progetto TANAP-TAP si aggiunge al gasdotto Baku-Tbilisi-Erzum (BTE) già realizzato nel 2006 che rifornisce gas a Georgia e Turchia. Di recente approvazione è il progetto AGRI (Azerbaijan, Georgia, Romania Interconnector) che ha come obiettivo di portare il gas azero nel nord Europa, passando tra la Georgia e la Romania. Anche la raffinazione e l’export petrolifero rientrano nella dinamica politica energetica perseguita da Baku. L’ultimo oledotto realizzato in ordine di tempo (2006) è il Baku-Tbilisi-Ceyahn che rifornisce di petrolio Georgia e Turchia. Questi si aggiunge ad oleodotti già operanti, come il Baku-Novorossijsk (per il trasporto del petrolio russo) e il Baku-Tbilisi-Supsa che arriva in Georgia. Il dinamismo energetico azero ha portato di recente il Ministero dell’Energia a dedicarsi allo sviluppo e allo sfruttamento delle energie rinnovabili, in particolar modo quella idroelettrica e quella eolica, sfruttando l’enorme bacino del Mar Caspio. Le politiche di sviluppo del settore sono notevolmente incrementate nel corso degli ultimi anni, anche se le carenze infrastrutturali consentono al momento di esportare energia eolica solo verso le reti nazionali russe, georgiane ed iraniane, le uniche direttamente collegate alla rete azera.

Al 2016, le fondamenta sulle quali poggia l’economia azera sono 3: il settore industriale (chimico, petrolchimico, oil&gas, metallurgico) che costituisce ancora più dei due terzi del PIL; il settore delle costruzioni (immobili ed infrastrutture); il settore dei trasporti. I massicci investimenti nel settore degli idrocarburi rendono l’economia dell’Azerbaijan ancorata al settore dell’energia e dei suoi derivati, il che può portare ad improvvise rallentamenti dell’economia derivanti da crisi energetiche, come il calo del prezzo del greggio dal 2014 ad oggi. Tuttavia il progetto di diversificazione economica ha subito un’accelerata negli ultimi 3 anni. Nel gennaio del 2013, il presidente della Repubblica Aliyev ha presentato il rapporto strategico “Azerbaijan 2020: the vision of the future development concept”. In tale documento strategico sono state dettate le linee guida lungo le quali lo stato azero condurrà il suo sviluppo economico, focalizzando l’attenzione sulla diversificazione e sullo sfruttamento dei settori non oil. Al centro degli ambiziosi progetti c’è il miglioramento dell’ambiente imprenditoriale, in modo da favorire l’afflusso massiccio di capitali stranieri; il rafforzamento della rete infrastrutturale e delle telecomunicazioni. Se da una parte l’urbanistica e il settore dei trasporti sono già al centro della struttura economica azera, obiettivo della diversificazione sarà lo sviluppo tecnologico, logistico e dell’industria leggera, con una forte attenzione verso la selezione e la formazione del capitale umano. In questa scia l’Azerbaijan ha promosso e promuove eventi e fiere di settore in molti ambiti, dall’energia alle costruzioni, dai trasporti al settore agroalimentare senza trascurare le tecnologie biologiche. Un programma che prevede anche una riqualificazione dell’immagine dello stato tramite l’organizzazione di eventi internazionali, come i primi giochi Europei tenutisi a Baku nel luglio 2015. L’Azerbaijan guarda al futuro partendo da un presente solido, essendo il paese della regione Caucasica con il maggior tasso di crescita economico annuale. Diversi sono ancora i problemi da fronteggiare, come la lotta alla disoccupazione e alla povertà ancora presenti in alcune zone rurali del paese. Tuttavia, l’Azerbaijan del 2020 potrebbe essere uno stato economicamente sviluppato e politicamente competitivo, con una minor dipendenza dall’esportazione di idrocarburi, capace di assicurare in ogni remoto villaggio della nazione un’alto livello di salute, benessere ed istruzione.

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