Verso la riapertura dell’Ambasciata egiziana a Tripoli: cambio di approccio in Libia
Medio Oriente e Nord Africa

Verso la riapertura dell’Ambasciata egiziana a Tripoli: cambio di approccio in Libia

Di Giuseppe Palazzo
17.02.2021

Il 15 febbraio una delegazione di funzionari egiziani si è recata a Tripoli per discutere della riapertura del servizio consolare e in un secondo momento anche dell’Ambasciata egiziana nella capitale libica. Una conferma giunta per voce dello stesso Ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shoukry, il 17 febbraio durante una conferenza stampa nella quale ha confermato una ferma volontà del Paese nel rilanciare e possibilmente normalizzare le relazioni bilaterali. Questa visita si riallaccia ad un incontro avvenuto il 27 dicembre a Tripoli tra una delegazione egiziana guidata dal Vice Capo dell’Intelligence Generale, nonché responsabile per la politica egiziana in Libia, Ayman Badie, e i funzionari del Governo di Accordo Nazionale (GNA). L’aumento di contatti tra Il Cairo e i rappresentanti di Tripoli fa presumere ad un cambio di approccio dell’Egitto nella partita libica.

Sin dal 2014, ossia dall’avvio della seconda fase della guerra civile nel Paese nordafricano, l’Egitto ha sostenuto l’offensiva di Khalifa Haftar atta a riunificare militarmente la Libia. Questa si è conclusa tuttavia in modo fallimentare, dapprima con la ritirata delle milizie riunite nel Libyan National Army (LNA) dal fronte ovest per un ripiegamento tattico verso est; in secondo luogo con la tregua del 21 agosto 2020, tramutata in un cessate-il-fuoco duraturo il 23 ottobre. L’insuccesso dell’offensiva militare ha costretto l’Egitto a riconsiderare in parte i propri piani, riducendo il sostegno ad Haftar e approfondendo l’ipotesi di una soluzione politica, pur senza eliminare del tutto l’opzione militare. Ciò ha portato Il Cairo a instaurare contatti diffusi con il GNA e a fornire un appoggio ufficiale al nuovo esecutivo ad interim eletto a Ginevra il 5 febbraio scorso.

Tuttavia, i tentativi di rimodulazione della politica estera egiziana in Libia si scontrano con vari fattori cristallizzatisi negli anni: in primo luogo, il gioco a somma zero che caratterizza la rivalità con la Turchia che investe non solo il teatro libico, ma anche il Mediterraneo orientale. Ankara sostiene il GNA e avrebbe un’importante influenza anche sul nuovo esecutivo di transizione tramite il Primo Ministro Abdul Hamid Mohammed Dbeibah. In secondo luogo, il policy-making egiziano riguardante la formulazione della politica estera in Libia è guidato in maniera diretta dai reparti dell’intelligence e della sicurezza più vicini al Presidente Abdel Fattah al-Sisi. Il risultato non è un potenziale bias nei confronti delle soluzioni militari a discapito di quelle politico-diplomatiche, quanto in un tentativo di contenere le perdite in Libia, esportando al contempo un approccio domestico di securitarizzazione anche sul piano esterno, in modo da tutelare il diretto interesse nazionale egiziano in questo dossier.

Dunque, il Cairo si trova dinanzi ad un bivio sulla strategia da utilizzare in Libia per bilanciare la Turchia e limitarne le sue iniziative anche nel Mediterraneo orientale. Finora, il contenimento militare egiziano non ha dato frutti, ma ha contribuito ad accrescere l’influenza turca nella Tripolitania e nell’intero Mediterraneo centrale e orientale. Pertanto, un cambio di approccio potrebbe garantire il superamento di alcuni ostacoli nel dossier libico e favorire una riformulazione diplomatica egiziana nel suo complesso, tanto da portare Il Cairo a perseguire un’agenda politica maggiormente disallineata dagli indirizzi geostrategici degli alleati del Golfo, in primis gli Emirati Arabi Uniti.

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